mercoledì 29 febbraio 2012

Se il mantra dei "duri e puri" non funziona più

Massimalismo o riformismo? La questione, che tanta centralità ha avuto nella storia della sinistra italiana, sembra all'improvviso tornata di moda. E' successo che Nichi Vendola, senza peli sulla lingua, abbia parlato di doppia destra: una, ovviamente, è quella dichiarata, la destra sguaiata, populista ed affarista di Berlusconi e Bossi. E fin qui nulla di nuovo. L'altra però, e qui veniamo al punto del contendere, sarebbe quella "col loden" costituita da persone che hanno studiato, che non sono insensibili al tema dei diritti civili e il cui sostrato culturale è una visione liberista, intesa come neutrale, del mondo e della società. Il problema, però, è che questa destra si dichiara sinistra riformista ed è riconducibile, secondo il leader di Sel, a Walter Veltroni.

Non l'avesse mai detto. Subito è piovuto l'anatema da parte dell'ex sindaco di Roma: «In quelle parole c'è un'idea che non condivido e mi preoccupa. Si appiccicano etichette di traditore e nemico a chi non la pensa come te. È un vecchio vizio», ha reagito sdegnato Veltroni. Che ha citato con energia tutti i grandi del pantheon di sinistra, da Di Vittorio a Lama passando per i fratelli Rosselli, ed ha concluso: «Le scuse di Nichi sarebbero gradite».

Il problema è che purtroppo il mantra, che in passato poteva avere una sua giustificazione, non funziona più. Perché una cosa è la purezza di chi non si sporca le mani col potere, rifiutando con sdegno ogni dimensione collaborativa per chiudersi nella sua inespugnabile torre d'avorio di un vagheggiato ed indefinibile mondo ideale. Un'altra è il realismo di chi proviene da un'esperienza governativa forte, con un modello vincente di amministrazione e dinamismo quale è quello pugliese.

Non si può contestare il diritto ad esprimere le proprie idee con chiarezza da parte di chi pensa che il mondo non debba andare per forza in una direzione, quella tracciata da poche inafferrabili élites a loro uso e consumo. Anzi, è proprio questa tendenza a rendere necessaria una forza moderna di sinistra. Che sappia diffondere dei modelli di lavoro, welfare, istruzione e sanità per fare da scudo ai più deboli senza inefficienze ed assistenzialismi. E che propugni un agire politico non finalizzato alla perpetua conservazione del potere ed all'occupazione delle cariche, ma ad un progetto di trasformazione della società in senso egualitario secondo adeguate procedure di selezione della classe dirigente (leggasi primarie, salvo casi particolari).

E' la nostra idea di sinistra: nessuna paura di sporcarsi le mani, ma allo stesso modo nessun timore di essere additati come i soliti "duri e puri" quando il gioco si fa veramente troppo sporco e non si ha alcuna voglia di accettarlo. Spiacenti, non funziona più.

mercoledì 22 febbraio 2012

Lavoro: il bisogno di un pensiero e di un'azione di sinistra

"L'idea che i diritti sociali siano una macchia di fango, un luogo di protezione di atteggiamenti indecenti e malavitosi è un'idea caricaturale, drammaticamente caricaturale. Bisogna avere rispetto per il mondo del lavoro, rispetto per le organizzazioni sindacali e, forse, da parte della Confindustria qualche volta bisognerebbe avere anche qualche aspetto autocritico su cio' che nel sistema di impresa non funziona, su cio' che nel sistema d'impresa parla di penetrazione della malavita e corruzione. Basti vedere l'indagine di oggi nel casertano.
L'articolo 18 si può toccare? Secondo me sì. Lo si può estendere a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici, come avevano chiesto alcuni milioni di italiani in un referendum che non raggiunse il quorum".

Nichi Vendola torna, in modo diretto, sulla questione centrale tra le tante "questioni centrali" che coinvolgono il sistema Italia, intaccandone le speranze di uno sviluppo più diffuso ed egualitario prima ancora che più impetuoso. E' la questione del lavoro. Il lavoro che manca, o che - quando c'è - è spesso senza dignità e sottopagato. Il lavoro dei tanti datori che pretendono lavoratori "usa e getta", oggi mi servono domani non più, piuttosto che individui portatori di diritti incancellabili ed ineludibili.

La "questione centrale tra le centrali" è a portata di occhi anche dalla nostra finestra fasanese sul mondo. Si pensava di aver sepolto nell'album dei ricordi certe scene che fanno tanto Ottocento o Novecento, in una città come la nostra dominata per un tempo incalcolabile dalla piaga del caporalato. Si riscopre un panorama di lavoro nero ed umiliazioni nei confronti di chi non ha altra possibilità che quella di accettare. E' storia di questi mesi, tanto per citare una vicenda balzata agli onori delle cronache, la realtà di una florida e nota azienda locale rimasta indietro nel pagamento degli stipendi per un cospicuo numero di mensilità, nonostante l'assenza di difficoltà economiche.

Occorre tornare, in un mondo che prova drammaticamente a nasconderla sotto il tappeto, a gettare sul tavolo la questione del lavoro. Che ad un secolo da Pellizza da Volpedo si presenta declinata in forme moderne, ma invariata nella sostanza. E che deve essere affrontata in modo prioritario. Con un pensiero di sinistra ed un'azione di sinistra. Moderni sì, ma di sinistra.

Fasano cambia colore

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